MONTE MORRONE - GEOMORFOLOGIA

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view post Posted on 19/11/2007, 19:25

Padre Gran Sasso, Madre Majella

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IL TESTO è TRATTO DA " ASCENT, IL SITO DELLA MONTAGNA ABRUZZESE" http://gguzzardi.interfree.it/geologia.htm



Inquadramento


Con un preciso allineamento NO-SE la dorsale del Morrone si sviluppa compatta per circa venti chilometri, dal vallone di S.Rocco presso Pacentro, dove scorre il fiume Vella, alle Gole Intramonti presso Bussi Officine dove scorre il fiume Pescara.

Orograficamente la catena costituisce lo spartiacque tra la Valle Peligna e la Valle dell’Orta, la quale con il Guado di San Leonardo segna una precisa linea di demarcazione con il più imponente massiccio della Majella.

Sebbene di origine tettonica ben definita, il Morrone è legato geologicamente al gruppo del Gran Sasso, con cui ne condivide la costituzione litica (calcari compatti a grandi strati sovrapposti del Mesozoico) e la traslazione verso est in epoche più recenti (Cenozoico).

Tra le caratteristiche geomorfologiche della montagna si rileva la quasi totale assenza in superficie di quegli effetti dell’attività carsica, dalle forme invece così evidenti sulle altre montagne abruzzesi. Allo stesso modo sono risibili in questi luoghi le tracce lasciate dal fenomeno erosivo di origine glaciale che, anche tenendo conto delle modeste altitudini massime (2061 metri la vetta), non è comparabile a quelle riscontrabili su altri massicci abruzzesi, sulla vicina Majella per esempio. Viceversa, grandi ed incise linee di impluvio, frutto di un’azione combinata tra erosione di origine meccanica e chimica, segnano entrambi i versanti, dando origine a consistenti accumuli detritici presenti alla base della montagna, dove molte conoidi sono ancora oggi attive.

La Valle Peligna originatasi in seguito a grandi fenomeni di subsidenza nel tardo Pleistocene, è stata sede di un grande bacino lacustre che attraverso le Gole di San Venanzio formava con la Conca aquilana un unico enorme “mare” interno.

L’altimetria del territorio varia dai 250 metri s.l.m. all’estremità nord occidentale della valle, ai 2061 metri che segnano la vetta massima della montagna.

Il clima è in linea di massima di tipo collinare, ad eccezione del centro della vallata che si può ascrivere al tipo “submediterraneo”. Le escursioni termiche sono relativamente elevate e di conseguenza la piovosità piuttosto bassa (600-800 mm annui). Tutto il territorio risulta poi abbastanza ventilato, a NO attraverso le Gole di Popoli e a SE attraverso il Guado San Leonardo.

Una sinergia di condizioni climatiche e morfologiche quindi, insieme alla presenza di alcuni corsi d’acqua (Gizio, Vella, Sagittario e Aterno), costituiscono le premesse per importanti caratteristiche ambientali e naturalistiche.

Anche se geologicamente la dorsale del Morrone rappresenta la naturale prosecuzione della catena del Gran Sasso (recenti studi ribaltano questa teoria assegnando al Morrone una unità tettonica a se stante), è alla Majella invece che è legata per morfologia del territorio e ambienti naturali; elementi essenziali questi per capire l’importanza che la montagna tuttora riveste come collegamento tra gli ecosistemi dei due parchi nazionali: Gran Sasso-Laga e Majella-Morrone.

L’elevata biodiversità che caratterizza gli orizzonti vegetali non solo sul versante sud della montagna, ma dell’intera valle, si esplica attraverso fasce vegetazionali che vanno dalle formazioni di macchia mediterranea ai boschi di faggio, dai prati aridi all’ambiente rupestre. Particolarmente interessanti sono inoltre gli ambienti acquatici di fondo valle, sorgenti e fiumi, miracolosamente sopravvissuti all’antropizzazione del territorio, oltre alla cosiddetta fascia pedemontana, importantissima cerniera tra la valle e la montagna. Essa, particolarmente ricca di essenze vegetali di tipo arboreo e arbustivo, distingue in modo particolare alcuni aspetti naturalistici del versante sud ovest.

Notevole importanza rivestono le formazioni a bosco misto, mentre a quote più alte il faggio acquista una presenza quasi monospecifica, non permettendo lo sviluppo di altre specie arboree. Oltre i 1600-1700 metri la faggeta lascia il posto alle praterie e ai pascoli d’alta quota, ma anche a quote più basse, in assenza di bosco, si hanno grandi spazi aperti in prati aridi e garighe. Quest’ultimo ambiente, insediato su un substrato di tipo calcareo, ha origine da estensioni di vecchi disboscamenti operati dall’uomo in epoche passate. Le essenze arbustive, quasi sempre spinose e di tipo odoroso, contrariamente a quanto si pensi, sono qui numerosissime.

In molte località nel corso degli ultimi decenni, sono stati realizzati rimboschimenti di conifere, quasi sempre a Pino d’Aleppo e a quote più alte a Pino nero. In alcuni casi si assiste qui a una rarefazione del sottobosco tipico delle pinete, in altri casi si inseriscono specie arbustive tra le più varie. Nell’ambiente rupestre si è di fronte ad una vera e propria esplosione di varietà vegetali, spesso poco appariscenti, ma a volte veri e propri endemismi.

Nei diversi ambienti, dal sottobosco ai pascoli montani, le specie floristiche che popolano il Morrone sono numerose, molte delle quali comuni a tutti i monti della Majella che, ricordiamo, da sola possiede più di un quinto delle 5600 specie classificate in Italia.

A livello faunistico per ritrovare la stessa varietà e profusione delle specie botaniche, bisogna volgere lo sguardo al microcosmo animale, cioè agli insetti, che dalle ricerche effettuate recentemente (1997) risultano in numero veramente elevato per un’area in fondo piuttosto limitata; il fenomeno se non eccezionale, è comunque peculiare per l’Appennino.

Insieme agli insetti è l’avifauna che detiene il record di colonizzazioni dei vari ambienti montani, con specie propriamente stanziali e numerose di passo. Va ricordato inoltre che nell’intero comprensorio della valle (Genzano, Rotella, Montagna Grande, Morrone, sorgenti del Pescara) è presente almeno l’85% dell’avifauna abruzzese, in quanto il territorio compreso tra la Val Pescara e la Valle dell’Aterno coincide con una importante rotta di migrazione interna che segue le grandi vie d’acqua.

Per quanto riguarda i mammiferi infine, il Morrone, la Valle Peligna e la Valle dell’Orta assumono un’importanza tutta particolare per la posizione di ponte (corridoi faunistici) che occupano tra i territori del Gran Sasso, Maiella occidentale e versante subequano del Sirente.




Orografia



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Compreso tra due ampi solchi vallivi, Valle dell’Orta e Valle Peligna, il Morrone è una catena montuosa ben distinta tra la linea più esterna che l’Appennino Centrale affaccia sul versante adriatico.

Con una altezza massima di circa 2000 metri la dorsale si sviluppa con un allineamento da NO a SE, per circa 20 chilometri, dalle Gole di Popoli al Vallone di San Rocco. Orograficamente la montagna si presenta nella sua parte meridionale larga e schiacciata, come il carapace di una testuggine, mentre verso nord va man mano rastremandosi, fino a presentare in prossimità di Monte Rotondo una vera e propria cresta affilata che poi si annulla ripidamente nelle gole dove scorre il fiume Pescara.

Entrambi i versanti est e ovest presentano notevoli incisioni create dalle acque superficiali, alla base delle quali si sono accumulate estese conoidi di materiale detritico.

Le fasce pedemontane costituiscono paesaggisticamente una sicura valenza nel territorio, anche se diversi settori di esse risultano alquanto degradatati a causa della forte pressione delle attività antropiche e da una morfologia geologicamente sempre attiva per la presenza in loco di ben individuate faglie che dividono le zone calcaree della montagna dalle deposizioni più recenti presenti a valle.

Le elevazioni principali della montagna sono: M.Morrone (2061 mt), M.Mileto (1920 mt), M.Le Mucchia (1986), Morrone di Pacentro (1800 mt) e M.Rotondo (1731 mt).




Clima


Come per la Majella, anche per quanto riguarda il Morrone sia le temperature che le precipitazioni vengono fortemente influenzate dalla morfologia della zona, anche se il Morrone, proprio perchè dislocato geograficamente in maniera più arretrata rispetto alla Majella e meno imponente altitudinalmente, può godere di una situazione più mite dal punto di vista del clima.

Le valli dell’Orta e Peligna, entrambe circondate da rilievi considerevoli, possono dirsi al riparo dalle correnti che provengono dall’Adriatico, anche se tra di esse si assiste ad un differenziamento per il clima a carattere locale, che nella valle Peligna assume aspetti di vero e proprio microclima, per lo più di tipo collinare con una estesa sacca mesomediterranea al centro della valle, con temperature medie annue comprese tra 12° e 14°, escursioni termiche relativamente elevate, bassa piovosità (600-800 mm annui) e una notevole ventosità in primavera e in estate.

Nella valle dell’Orta in inverno dominano i venti freddi provenienti dai Balcani, mentre in estate prevalgono quelli dai quadranti meridionali. Data l’altitudine, spesso le precipitazioni assumono carattere nevoso e sono frequenti le grandinate estive.



Le Unità Geologiche


La conca di Sulmona è una piana di origine tettonica come altre grandi depressioni della catena appenninica (Fucino, conca dell’Aquila), colmata da sedimenti lacustri e fluviali nel Pleistocene e da sedimenti di conoide provenienti dalle grandi frane di versante che successivamente hanno interessato vaste zone della montagna (Nusca).

Il Morrone nei pressi di Pacentro deve principalmente la sua morfologia alla giacitura a reggipoggio degli strati calcarei, inclinati perpendicolarmente al pendio. Alle quote più alte sono presenti una serie di doline e vallecole allungate, più che altro in corrispondenza delle più importanti linee strutturali.

Ancora più a nord un piccolo altopiano, in un ambiente dalla morfologia glaciale, risulta disseminato ugualmente di doline (La Piscina). Tracce glaciali si riscontrano poi nell’area compresa tra il Vallone, a ovest di M. Le Mucchia, e il Lago della Madonna. Sui fianchi dello stesso emergono forme di erosione di tipo calanchiva.

Sul versante orientale la montagna risulta suddivisa in due parti morfologicamente diverse: a nord è solcata da grandi impluvi e canaloni ai cui piedi giacciono grandi conoidi detritiche, mentre più a sud il pendio è più dolce e coperto di vegetazione; la giacitura degli strati è qui a franapoggio.

La Valle di Caramanico (valle dell’Orta) è caratterizzata come tutte le fosse di origine tettonica da accumuli di minuti sedimenti provenienti da acque più profonde delle vaste porzioni di mare che ricoprivano la regione nel Mesozoico. Il Passo di San Leonardo costituisce lo spartiacque tra la Valle dell’Orta e la valle del Vella, i due fiumi che interessano questo territorio di cui, il primo scorre verso nord e dopo l’abitato di S.Eufemia riceve consistenti apporti da numerosi affluenti (Molino, Salsa, Orfento); il Vella che nasce dalle pendici della Majella, scorre dapprima verso ovest e poi, attraverso il Vallone di San Rocco, si immette nella conca di Sulmona.


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LA VALLE DELL'ORTA



Idrogeologia



Sul fronte occidentale del Morrone si verificano apporti diffusi di acqua provenienti dalle zone in quota soggette a carsismo, attraverso la coltre detritica della fascia pedemontana. Da questa fascia le acque attraversano sotto la superficie la conca di Sulmona e vanno ad alimentare le falde acquifere e il fiume Sagittario. Con certezza si può affermare che l’area pedemontana del versante ovest è una zona di notevole transito di acqua e quindi sicuramente vulnerabile dal punto di vista idrogeologico.

Per quanto riguarda l’analisi idrogeologica dell’area sono fondamentali alcuni aspetti:

a) i sedimenti detritici del Quaternario che caratterizzano le pendici di entrambi i versanti della montagna, hanno la importantissima funzione di ricarica e serbatoio per i corsi d’acqua superficiali di entrambe le vallate. Gli alti valori di trasmissività di queste giaciture conferiscono una relativa continuità alla portata delle sorgenti presenti nella fascia pedemontana. Dove la copertura detritica non è presente le acque meteoriche non sono trattenute e vengono presto riversate per ruscellamento verso valle, nei torrenti e nei fiumi.

b) Nella piana di Sulmona l’alternarsi di depositi lacustri, fluviali e di conoide comporta l’esistenza nel sottosuolo di falde acquifere sospese e trattenute dalle argille basali.

c) Le formazioni calcaree del Morrone sono caratterizzate da un alto assorbimento per fessurazione e carsismo, quindi a loro volta rivestono un ruolo fondamentale di ricarica dell’acquifero sottostante la conca di Sulmona.

d) Dal punto di vista litologico la catena del Morrone è così costituita: 1) calcari compatti di piattaforma, dove lo scorrimento e l’assorbimento dell’acqua avviene attraverso le fessurazioni della roccia, presso i giunti di stratificazione o in concomitanza delle linee di faglia; 2) calcari a rudiste, di scarpata o di scogliera, a nord della catena, dove maggiori sono le manifestazioni carsiche di superficie (doline, inghiottitoi) e quindi maggiore è la permeabilità.






Inquadramento Geologico


Le rocce che costituiscono il Morrone sono note come rocce carbonatiche, cioè rocce formate in gran parte da carbonato di calcio. Sono rocce formatesi in un ambiente marino ad una profondità tra 0 e 50 metri, in una situazione che oggi corrisponderebbe a quella di una laguna, compresa tra le terre emerse e le profondità oceaniche.

Queste rocce hanno un’età compresa tra i 136 e i 65 milioni di anni e appartenenti quindi ad un periodo geologico definito Cretaceo. Sporadici sono gli affioramenti di rocce più antiche, risalenti al Giurassico. Una serie di condizioni ambientali, tra cui il clima, hanno consentito la loro formazione, consistente nella precipitazione chimica del carbonato di calcio che ha inglobato contemporaneamente i resti di numerosi organismi viventi di tipo animale o vegetale. Infatti queste rocce sono ricche di fossili: gusci, impronte e scheletri di organismi.

A partire da 16 milioni di anni fa queste rocce sono state interessate da spostamenti e sollevamenti, conosciuti come “eventi tettonici”. Ma dopo la formazione delle catene montuose, sono seguite fasi di smembramento (compressioni e distensioni), che hanno portato alla separazione e allo scorrimento delle diverse masse rocciose (piattaforme). Questi movimenti hanno originato oltremodo delle fratture oggi indicate con il nome di “faglie”.



<b>Processi di versante




Coni di detrito sono diffusi su entrambi i versanti della montagna, sotto le grandi linee di impluvio o i marcati canaloni (rave), nei settori tra il Colle delle Vacche e il Vellaneto e il Morrone di Caramanico a nord est.

Fenomeni di tipo calanchivo (solo come struttura) sono presenti specialmente sul versante di Caramanico: nel Fosso Vetrina, nella parte alta del Fosso Cupo, sul Colle Carroccie sopra Salle Vecchio, nei dintorni di Passo San Leonardo e a ovest di M.Le Mucchia.

Frane attive sono segnalate sopra l’abitato di Salle Vecchio, in più località; sul versante occidentale recente è una frana che ha interessato il canalone dell’Occhio Bianco.



Forme strutturali


Scarpate create dalle linee di faglia sono diffuse un po’ ovunque in tutte le zone calcaree della montagna, anche di altezza superiore ai 25 metri e specialmente sul versante peligno, lungo la faglia visibile anche da lontano, che taglia intorno ai 1700 metri tutto il versante sud ovest.

In corrispondenza di queste scarpate vi sono aree più o meno vaste soggette a erosione. Altre scarpate, come quelle esistenti sul versante orientale di M.Le Mucchia, sono di natura prettamente litologica, dovute alla stratificazione propria delle strutture rocciose o al distacco di parti nelle zone organizzate a franapoggio.

Si riscontrano anche affioramenti rocciosi propri della struttura, nota con il nome di “specchi di faglia”, dove il piano di scorrimento tra due strati viene messo a nudo: sui lati del Vallone, nella Valle dei Monaci e in località S.Onofrio.

Due aree a forte erosione si caratterizzano per la particolare stratificazione a reggipoggio molto inclinato: le Balze di Pacentro e il settore nord del versante orientale, nei pressi della Rava del Ferro.



Emergenze geologiche


a) in località Lagonero sotto la Rava della Neve un cono detritico di grandi dimensioni, formante un gradino sul pendio a causa dello scivolamento delle argille sottostanti, ha formato un vasto terrazzo panoramico sulla valle;

b) a nord della vetta si rinviene un campo di doline, rara morfologia in questa zona;

c) a monte del Fosso Cupo l’intaglio nel pendio creato dal canalone, mette in luce la successione stratigrafica della valle di Caramanico, costituita principalmente da argille, calcari evaporitici, gessi e conglomerati;

d) presso il Lago della Madonna si ha l’unico modellamento di origine glaciale della zona, compresi i resti di un laghetto di origine morenica;

e) sempre nei pressi del Lago della Madonna si formano una serie di piccoli nevai persistenti, con forte pendenza;

f) versante est di M.Le Mucchia: netta discordanza di inclinazione del pendio tra gli strati di calcare e il sovrastante manto di brecce che in origine dovevano appartenere ad una zona di transizione tra laguna e scarpata continentale;

g) nella parte alta del Vallone ciò che rimane di un circo glaciale è sostituito oggi da una serie di nevai affiancati;

h) l’erosione di tipo calanchiva sotto M.Le Mucchia è direttamente collegata all’importante linea di faglia che qui ha un suo punto di transito;

i) la Valle dei Monaci è una depressione di origine tettonica che segue l’andamento di un’altra faglia;

j) la linea di faglia passante per la Piscina ha creato un allineamento di doline, proprio in prossimità di una zona con affioramenti di calcari a Rudiste e Gasteropodi, tra i più antichi della montagna;

k) serie di doline a nord di Monte Mileto, di dimensioni particolarmente grandi;

l) nella parte alta di un marcato impluvio, in località Vellaneto, l’erosione dovuta allo scorrimento delle acque ha meso a nudo un grande “specchio di faglia”;

m) in Val di Dentro, in corrispondenza di una piccola piana vengono drenate le acque superficiali della zona, che poi filtrano nel sottosuolo attraverso la linea di faglia qui passante;

n) sotto le Balze del Morrone si rinvengono strati di calcare “oolitico”, tipici della “facies di soglia”: paleoambiente lagunare di acque basse;

o) in località Pian dell’Orso sono visibili alcune pieghe e fratture, dovute all’attività tettonica compressiva che ha dato origine alla montagna.



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Edited by - Fabrizio - - 19/11/2007, 19:51
 
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