Fiume Biferno

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view post Posted on 3/12/2007, 12:13

Padre Gran Sasso, Madre Majella

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IL FIUME BIFERNO


Aspetti Geografici, Geologici ed Ecologici

Il fiume Biferno è l'unico fiume che scorre interamente in territorio molisano ed anticamente era chiamato Tifernus.
Si considera il suo inizio a valle del Ponte della Fiumara, attraversa la regione Molise ricevendo 45 affluenti e dopo un percorso di 96 Km in direzione SW - NE, sfocia sulla costa adriatica nei pressi di Termoli. Il suo bacino idrografico è di 1320 kmq.

Trae origine dalle sorgenti dei Monti del Matese Orientale quali: Maiella, Pietracadute e del Rio Freddo, risultante dall’unione di diverse scaturigini, subito poco a valle riceve in destra il T.Quirino e in sinistra idrografica, il T.Callora.

Gli affluenti principali sono a sinistra: torrente Cervato, vallone Ceruntoli, vallone Grande, fosso Lattuni, vallone Macchie; a destra: torrente Cigno, vallone Ingotta, rio di Oratino, vallone della Piana, torrente Rio, vallone Rio Vivo, torrente il Rivolo, vallone delle Tortore.

Alcuni dati sulle sorgenti possono essere così schematizzati:

Sorgente Pietracadute, alla quota di 488 m.s.l.m. , ha una portata di 1350 l/s

Sorgente Maiella, alla quota di 550m. , con una portata di 880 l/s

Sorgente Rio Freddo, alla quota di 510m. , con una portata di 1620 l/s




Il corso del fiume Biferno si può definire a regime torrentizio, indicando come le piene siano strettamente correlate al regime delle piogge, condizione questa determinata da diversi elementi, quali affluenti provenienti direttamente dai versanti della valle, scarsa permeabilità dei terreni affioranti e in prevalenza scarsa copertura vegetale, con suoli nudi.
Dopo aver attraversato il centro di Bojano e la piana di Bojano, il fiume si incanala in una stretta valle, la valle del Biferno, caratterizzato fino a Oratino da paesaggio essenzialmente franoso. Qui il fiume , costretto a incunearsi fra le rocce, assume carattere impetuoso.
Solo verso Guardialfiera la valle si allarga ssumendo le caratteristiche del bassopiano. Qui il corso del fiume è sbarrato dalla diga del Liscione...e forma l'invaso artificiale del lago di Guardialfiera, attraversato con un viadotto dalla statale Bifernina.
Dopo l'invaso, le pendenze diminuiscono fino ad assumere valori prossimi a quelle di base , cioè del mare. Questa condizione è tale che il deflusso idrico rallenti con il generarsi di divagazioni dell’alveo, dapprima in tipo braided poi tipicamente meandriforme prima della zona di foce.

La foce è tra Termoli e Campomarino, con una cuspide deltizia molto pronunciata. Il rallentamento idrico nelle foci di pianura, unitamente alla falda idrica posta coincidente al fiume, determina una scarsità di deflusso tali da formare, prima della costa, zone umide acquitrinose; unitamente i fondali bassi dinanzi alla foce consentono alla morfogenesi marina la formazione di dune costiere e conseguenti laghi litoranei.
Anche il f.Biferno era caratterizzato da questo livello di complessità del paesaggio fluviale e ambientale, tanto è che da carte topografiche risalenti agli inizi del ‘700 si attesta l’esistenza di cinque laghi: Lisanuci, in sinistra del fiume, Limosalso, Laureto, Arola e Caneto, in destra procedendo verso sud, prima del T.Saccione.

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L’alimentazione, tuttavia, di condizioni malariche per l’uomo, indusse all’avvio di opere di bonifica e di prosciugamento, con la perdita di questi specchi d’acqua; unitamente lungo la costa senza soluzione di continuità si estendevano boschi, finiti con lo scomparire all’inizio del 1900.
Dei numerosi dati relativi alle misure di portata delle sorgenti e del fiume stesso, nel 1956 a valle di Gurdialfiera, il deflusso torbido monitorato conduceva a una stima di 800 tonnellate di materiale eroso per chilometro quadro pari a uno spessore di 0,3-0,6 mm per anno di suolo perduto, tre volte maggiore di quello del Po; ciò porta a riflettere sul depauperamento della risorsa suolo nella valle, ad opera della mancanza di copertura vegetale, e nello stesso tempo, l’azione di sbarramento operato dalle dighe con la conseguente mancanza di ripascimento sulle spiagge e arretramento di queste.
Difatti se per i duemila anni precedenti la costa aveva viso una tendenza all’avanzamento, dopo gli anni’50 si ha una brusca inversione, con rapido arretramento; ad oggi rimangono isolate tracce di questo complesso ecologico, habitat di numerose specie vegetali ed animali, un mirabile equilibrio del passaggio da acque dolci, in prossimità del fiume, salmastre, prossime alla foce, ed infine marine.

Una caratteristica morfologica della valle del Biferno è la tipica franosità, tale che nel 1977 erano stati individuati e cartografati 4000 eventi franosi.
In riferimento al clima, si può brevemente riassumere come la media e bassa valle del Biferno sia interessata dai venti sia caldi che freddi, mentre nell’alta, in corrispondenza di Boiano le condizioni orografiche del Matese determinano un’esposizione ai venti freddi e un ostacolo ai venti caldi; sintomatico, più di qualsiasi dato meteorologico, come riporta il Santoro, è la testimonianza di Livio, di come racconta che i soldati romani minacciarono di ribellarsi al loro console se li avesse tenuti a svernare nel Sannio, nei pressi di Boiano o di Sepino, tanto il clima vi era rigido e insopportabile.





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Nel tratto iniziale il fiume ancora non possiede una sua identità,data anche l’elevata eterogeneità delle caratteristiche idrologiche, geomorfologiche,
vegetazionali ed ecologiche. La funzionalità risulta buona per entrambe le sponde.

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Il tratto centrale evidenzia il carattere torrentizio assunto dal fiume, con ampie zone omogenee ed una alternanza di due tipologie prevalenti:

• alveo con grossi massi, alta ritenzione di apporti
solidi ed erosione principalmente nelle curve e nel
le strettoie;
• alveo caratterizzato da substrato a ciottoli di varie
dimensioni movibili a tratti; erosione poco evidente.
Entrambe le sponde presentano un buon livello di
funzionalità.

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Nel tratto finale, a causa della scarsa pendenza, il corso d’acqua assume morfologia meandriforme; la tipologia prevalente è quella con alveo ampio, vegetazione riparia molto folta, substrato limoso-sabbioso alternato a piccoli ciottoli facilmente movibili, abbondante presenza di canneto. La funzionalità risulta pressochè buona, per la sponda sinistra, e buona-mediocre per la sponda destra.


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LA FOCE DEL BIFERNO, IN COSTANTE EROSIONE E IN ARRETRAMENTO, MODIFICATA DAI SOLITI PENNELLI DI SCOGLI FRANGIFLUTTI
IL CANNETO STA MORENDO PER L'INGRESSIONE DI ACQUA SALATA MARINA

Attualmente il flusso idrico alla foce è molto scarso, e quello sedimentario pressochè nullo, e la foce, così come la zona costiera , sono in forte erosione.
Nei pressi della foce , sia a nord che a sud, si rinvengono residui dunali e praterie salmastre con depresssioni che ospitano laghetti stagionali. I più interessanti per la flora e l'avifauna sono quelli del litorale di Campomarino, subito a sud della foce, costantemente minacciati dalla speculazione edilizia .

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Fonti : http://www.piazzaregione.it/molise/rubrich...ura/biferno.htm

www.arpamolise.it/Eventi/IFF.pdf


Edited by - Fabrizio - - 3/12/2007, 12:49
 
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view post Posted on 3/12/2007, 12:58

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Sviluppo Antropico

Gli insediamenti dei primi agricoltori risalgono a circa 4500 anni a.C., una dozzina di siti si trovano del tratto del basso Biferno, caratterizzati da ceramiche neolitiche, tipiche a quelle dell’Abruzzo del Nord e della Puglia del Sud. Venivano coltivati, forse con un sistema a rotazione, cereali e legumi, l’allevamento si basava su bovini, suini e specialmente ovini e caprini, la distribuzione di selci, incluse punte di freccia, lascia ipotizzare che le aree di caccia e di allevamento non si estendevano oltre Boiano, senza risalire il Matese.
La basse valle del Biferno rimase l’unica area di insediamento permanente tra il V e il III millennio a.C.; nel II millennio, Età del Bronzo, si ha uno spostamento verso l’alta valle e il Matese, nel I millennio si ha una diffusa occupazione fino a 1300 metri di quota sul Matese, avente come unità insediativi il modello a capanna, rinvenendosi numerosi pavimenti battuti.
Fra l’VIII e il VI secolo la bassa Valle entra in contatto con le città greche della Magna Grecia, si delineano i primi villaggi unitamente a prime forme di santuari e luoghi di divinazione.
Nella seconda metà del I millennio a.C. il Molise faceva parte della più vasta regione del Samnium; i Sanniti che abitavano la valle del Biferno appartenevano a due gruppi tribali, I Frentani della bassa valle e i Pentri dell’alta valle. La crescita della popolazione provocò un fenomeno di emigrazione che condusse i Sanniti, verso il V e IV secolo a spingersi a sud, verso la Puglia e la Basilicata, e ad ovest verso la Campania, ove entrarono in contatto con la crescente potenza dei Romani.
Le mire espansionistiche di entrambi i popoli condusse ben presto ad uno scontro armato che si risolse con la disfatta dei Sanniti dopo tre aspre guerre fra il 343 e il 290 a.C.; l’ultima causò una grande devastazione e depresse di molto la vitalità del Sannio.
Una delle testimonianze del mondo religioso sannita è fornita dalla cosiddetta Tavoletta di Agnone o Tavola Osca; datata intorno al 250 a.C., è una placchetta bronzea, trovata appunto presso Agnone, che porta una iscrizione osca che enumera le divinità che avevano altari o terreno consacrato nel santuario dedicato alla dea delle messi Cerere.
La placchetta nomina più di una dozzina di altre divinità minori associate al culto di Cerere, le quali presiedevano alla coltivazione dei cereali, al regime delle piogge, la maturazione la mietitura e la trebbiatura.
Con la romanizzazione il Latino rimpiazzò l’Osco, il surplus prodotto venne utilizzato per edificare monumenti di prestigio nei centri abitati principali: Bovianum, Fagifulae, (vicino Limonano) Larinum e Saepinum.
Un gruppo di iscrizioni molisane attesta il coinvolgimento delle famiglie più importanti nella transumanza a lungo raggio: le greggi erano essenzialmente tenute per la produzione della lana, tanto che strutture per il trattamento della stessa sono state rinvenute a Saepinum.
I Sanniti rimasero, tuttavia, un popolo indomito, che tentò nel tempo di rifarsi della sua libertà fino a partecipare nella Lega Italica, delle province romane, ad attaccare Roma; fregiandosi di molte vittorie furono definitivamente vinti da Silla che, nell’82 d.C., prese e rase al suolo Aesernia, spietato nel suo convincimento “ finchè un solo sannita rimarrà vivo, Roma non avrà mai pace”.
Dopo la devastazione e lo spopolamento furono introdotte nella regione sannitica famiglie romane; con Auguso il Sannio divenne parte della IV Regione e le conduzioni permasero invariate fino all’epoca posteriore di Costantino, quando iniziò la crisi dell’Impero e le inevitabili invasioni barbariche, che attraversarono tutte la terra del Sannio.
Nel 410 furono i Visigoti, con il sacco di Roma. seguiti da Eruli, Vandali, nel 455, Goti, Greci e infine Longobardi, nel 568. I Longobardi dopo essere penetrati in Italia attraverso il Friuli, conquistarono Pavia che divenne loro capitale, costituirono il Ducato di Spoleto, nell’Italia centrale, e il Ducato di Benevento, che comprendeva il Sannio, la Campania e parte della Lucania.
Il ducato era sotto la giurisdizione del Duca, padrone assoluto, e sopra di lui vi era solo il Re, rappresentato dal Gastaldo, figura con funzioni solo amministrative; il ducato di Benevento era costituito da tre Gastaldie: di Capua, di Teate e di Boiano.
La dominazione longobarda terminò nell’anno 774 con la sconfitta a Pavia ad opera di Carlo Magno; restano di quest’epoca il Ponte Landolfo, Rocca Maginulfa (attuale Roccamandolfi) e la Chiesa di Santa Maria delle Monache ad Isernia.
Dall’860 all’ 882, a varie riprese, le orde saracene attraversarono la regione, fino alla distruzione della Badia di S.Vincenzo (882) e di S.Maria in Civita.
A partire dal X secolo, trae origine l’attuale esistenza dei centri siti su sommità collinari, fino al XII secolo si ha un’espansione degli stessi anche in posizioni a mezza costa. Successivamente fino alla dominazione dei Normanni, nel 1015, la valle regredì dominata dalle signorie feudali e dalla Chiesa.
Tra il XV e XVIII secolo si ha una seconda fase di espansione cui seguì un periodo di impoverimento che vide il massiccio fenomeno dell’emigrazione, alla fine dell‘800.
Sul destino della valle del Biferno hanno agito più che la volontà degli uomini, le differenze del clima, della natura dei suoli, la topografia che ha condizionato l’insediamento e lo sfruttamento.
Una testimonianza del ruolo del f.Biferno nella conduzione della vita dei molisani è offerta da Francesco Jovine nel suo Viaggio nel Molise: “ Come tutti i fiumi montani il Biferno è insidioso, a fondo incerto, mobile, con volume di acque diverso secondo le stagioni, con magre e piene eccessive. D’inverno il suo impeto diventa rovinoso; lo scroscio delle acque nella stretta valle tra le pareti montane si fa pauroso…Il lungo corso del fiume è un cimitero di ponti romani, aragonesi, carolini…Per circa quarant’anni dal 1845 all’81 il Biferno non ebbe più un ponte; per quarant’anni d’estate il fiume veniva passato a guado. D’inverno quando il guado era difficile diveniva un liquido invalicabile ostacolo tra due parti del Molise. Paesi distanti tra loro pochi chilometri che si rimandavano a mattutino e a vespro il suono delle campane rimanevano anche sei mesi senza comunicazione o con contatti rarissimi… Contadini giganteschi che vivevano sulla sponda del fiume… richiamati dai rari viaggiatori con colpi di fucile o di pistola sparati in aria, appoggiandosi a lunghe aste per tentare il fondo si caricavano sulle spalle il viaggiatore e raggiungevano non senza rischi, qualche volta mortali, l’altra sponda… Di tanto in tanto qualche corriere più ardito che qui si chiamava “ vaticale”, per tentato il guado, portava notizie all’altro spicchio di mondo: quello dell’altra riva. I vaticali percorrevano le province ed erano insieme postiglioni, commercianti in proprio, cronisti e mezzani d’amore.”
 
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