| Sviluppo Antropico
Gli insediamenti dei primi agricoltori risalgono a circa 4500 anni a.C., una dozzina di siti si trovano del tratto del basso Biferno, caratterizzati da ceramiche neolitiche, tipiche a quelle dell’Abruzzo del Nord e della Puglia del Sud. Venivano coltivati, forse con un sistema a rotazione, cereali e legumi, l’allevamento si basava su bovini, suini e specialmente ovini e caprini, la distribuzione di selci, incluse punte di freccia, lascia ipotizzare che le aree di caccia e di allevamento non si estendevano oltre Boiano, senza risalire il Matese. La basse valle del Biferno rimase l’unica area di insediamento permanente tra il V e il III millennio a.C.; nel II millennio, Età del Bronzo, si ha uno spostamento verso l’alta valle e il Matese, nel I millennio si ha una diffusa occupazione fino a 1300 metri di quota sul Matese, avente come unità insediativi il modello a capanna, rinvenendosi numerosi pavimenti battuti. Fra l’VIII e il VI secolo la bassa Valle entra in contatto con le città greche della Magna Grecia, si delineano i primi villaggi unitamente a prime forme di santuari e luoghi di divinazione. Nella seconda metà del I millennio a.C. il Molise faceva parte della più vasta regione del Samnium; i Sanniti che abitavano la valle del Biferno appartenevano a due gruppi tribali, I Frentani della bassa valle e i Pentri dell’alta valle. La crescita della popolazione provocò un fenomeno di emigrazione che condusse i Sanniti, verso il V e IV secolo a spingersi a sud, verso la Puglia e la Basilicata, e ad ovest verso la Campania, ove entrarono in contatto con la crescente potenza dei Romani. Le mire espansionistiche di entrambi i popoli condusse ben presto ad uno scontro armato che si risolse con la disfatta dei Sanniti dopo tre aspre guerre fra il 343 e il 290 a.C.; l’ultima causò una grande devastazione e depresse di molto la vitalità del Sannio. Una delle testimonianze del mondo religioso sannita è fornita dalla cosiddetta Tavoletta di Agnone o Tavola Osca; datata intorno al 250 a.C., è una placchetta bronzea, trovata appunto presso Agnone, che porta una iscrizione osca che enumera le divinità che avevano altari o terreno consacrato nel santuario dedicato alla dea delle messi Cerere. La placchetta nomina più di una dozzina di altre divinità minori associate al culto di Cerere, le quali presiedevano alla coltivazione dei cereali, al regime delle piogge, la maturazione la mietitura e la trebbiatura. Con la romanizzazione il Latino rimpiazzò l’Osco, il surplus prodotto venne utilizzato per edificare monumenti di prestigio nei centri abitati principali: Bovianum, Fagifulae, (vicino Limonano) Larinum e Saepinum. Un gruppo di iscrizioni molisane attesta il coinvolgimento delle famiglie più importanti nella transumanza a lungo raggio: le greggi erano essenzialmente tenute per la produzione della lana, tanto che strutture per il trattamento della stessa sono state rinvenute a Saepinum. I Sanniti rimasero, tuttavia, un popolo indomito, che tentò nel tempo di rifarsi della sua libertà fino a partecipare nella Lega Italica, delle province romane, ad attaccare Roma; fregiandosi di molte vittorie furono definitivamente vinti da Silla che, nell’82 d.C., prese e rase al suolo Aesernia, spietato nel suo convincimento “ finchè un solo sannita rimarrà vivo, Roma non avrà mai pace”. Dopo la devastazione e lo spopolamento furono introdotte nella regione sannitica famiglie romane; con Auguso il Sannio divenne parte della IV Regione e le conduzioni permasero invariate fino all’epoca posteriore di Costantino, quando iniziò la crisi dell’Impero e le inevitabili invasioni barbariche, che attraversarono tutte la terra del Sannio. Nel 410 furono i Visigoti, con il sacco di Roma. seguiti da Eruli, Vandali, nel 455, Goti, Greci e infine Longobardi, nel 568. I Longobardi dopo essere penetrati in Italia attraverso il Friuli, conquistarono Pavia che divenne loro capitale, costituirono il Ducato di Spoleto, nell’Italia centrale, e il Ducato di Benevento, che comprendeva il Sannio, la Campania e parte della Lucania. Il ducato era sotto la giurisdizione del Duca, padrone assoluto, e sopra di lui vi era solo il Re, rappresentato dal Gastaldo, figura con funzioni solo amministrative; il ducato di Benevento era costituito da tre Gastaldie: di Capua, di Teate e di Boiano. La dominazione longobarda terminò nell’anno 774 con la sconfitta a Pavia ad opera di Carlo Magno; restano di quest’epoca il Ponte Landolfo, Rocca Maginulfa (attuale Roccamandolfi) e la Chiesa di Santa Maria delle Monache ad Isernia. Dall’860 all’ 882, a varie riprese, le orde saracene attraversarono la regione, fino alla distruzione della Badia di S.Vincenzo (882) e di S.Maria in Civita. A partire dal X secolo, trae origine l’attuale esistenza dei centri siti su sommità collinari, fino al XII secolo si ha un’espansione degli stessi anche in posizioni a mezza costa. Successivamente fino alla dominazione dei Normanni, nel 1015, la valle regredì dominata dalle signorie feudali e dalla Chiesa. Tra il XV e XVIII secolo si ha una seconda fase di espansione cui seguì un periodo di impoverimento che vide il massiccio fenomeno dell’emigrazione, alla fine dell‘800. Sul destino della valle del Biferno hanno agito più che la volontà degli uomini, le differenze del clima, della natura dei suoli, la topografia che ha condizionato l’insediamento e lo sfruttamento. Una testimonianza del ruolo del f.Biferno nella conduzione della vita dei molisani è offerta da Francesco Jovine nel suo Viaggio nel Molise: “ Come tutti i fiumi montani il Biferno è insidioso, a fondo incerto, mobile, con volume di acque diverso secondo le stagioni, con magre e piene eccessive. D’inverno il suo impeto diventa rovinoso; lo scroscio delle acque nella stretta valle tra le pareti montane si fa pauroso…Il lungo corso del fiume è un cimitero di ponti romani, aragonesi, carolini…Per circa quarant’anni dal 1845 all’81 il Biferno non ebbe più un ponte; per quarant’anni d’estate il fiume veniva passato a guado. D’inverno quando il guado era difficile diveniva un liquido invalicabile ostacolo tra due parti del Molise. Paesi distanti tra loro pochi chilometri che si rimandavano a mattutino e a vespro il suono delle campane rimanevano anche sei mesi senza comunicazione o con contatti rarissimi… Contadini giganteschi che vivevano sulla sponda del fiume… richiamati dai rari viaggiatori con colpi di fucile o di pistola sparati in aria, appoggiandosi a lunghe aste per tentare il fondo si caricavano sulle spalle il viaggiatore e raggiungevano non senza rischi, qualche volta mortali, l’altra sponda… Di tanto in tanto qualche corriere più ardito che qui si chiamava “ vaticale”, per tentato il guado, portava notizie all’altro spicchio di mondo: quello dell’altra riva. I vaticali percorrevano le province ed erano insieme postiglioni, commercianti in proprio, cronisti e mezzani d’amore.”
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