MAJELLA - da taranta peligna a m.amaro e macellaro 20-10-2014Quota di partenza : 700m.
Quote di arrivo : m. Amaro 2793m. e m.Macellaro 2636m.
Dislivello : 2100m. sia in salita che in discesa, il percorso è ad anello.
Tempo di percorrenza : 7 ore per la sola salita a m.Amaro
Punti di appoggio : rifugio macchia di Taranta a quota 1864m. e bivacco Pelino sulla cima di m.Amaro
Ho effettuato questa escursione oltre metà ottobre , per monitorare e verificare la presenza degli apparati nivo-glaciali presenti nelle doline in quota sulla Majella. L'escursione l'ho spezzata in due giorni, pernottando al rifugio macchia di taranta, causa la lunghezza del percorso e il dislivello,impossibili da compiere col mio allenamento attuale in una giornata autunnale. Discorso diverso in estate, o per persone più allenate.
Il rifugio è gestito nei mesi estivi di luglio e agosto, mentre negli altri mesi le chiavi si possono trovare presso il CAI di Lanciano. è una splendida struttura con numerosi posti letto per dormire,su soppalco e su letti a castello, con cucina ampia e spaziosa dotata di camino. Veramente un bel luogo , confortevole e pulito.
La partenza dell'escursione è lungo la strada statale 84 frentana, che costeggia tutto il versante sud-orientale della Majella da Palena a Fara S.Martino. L'inizio del sentiero è presso uno slargo con un vecchio cartello arrugginito,poco più avanti c'è una ripida strada in discesa che porta al paese di Taranta Peligna. Proveniendo da Fara s.Martino invece bisogna oltrepassare il bivio per la funivia che porta alle grotte del cavallone,nonchè all'imbocco del vallone di Taranta.
La salita infatti si svolge prevalentemente su costone, e non su fondovalle.
Essendo un versante sud-est, prende il sole fin dall'alba e tranne il primo tratto di boscaglia non ci sono ripari e sorgenti, quindi conviene partire molto presto, anche prima dell'alba, e portarsi ampie scorte d'acqua, minimo 3 litri. Ho patito il caldo e l'assenza d'acqua a ottobre, figuriamoci in estate!!
Parcheggiata la macchina si prende il sentiero che all'inizio sale largo per comoda mulattiera con muretti e terrazzamenti sui lati, attraversando un versante arido con gariga e macchia mediterranea in lenta evoluzione verso il bosco climax che qui sarebbe di leccio e roverella. Si trovano qua e la alcuni tratti con alberi di pino nero, da rimboschimento. Presenti biancospino,terebinto,pungitopo,carpino nero,orniello, e nei punti migliori, un ceduo degradato di roverella con sporadici lecci. Il bosco va a macchie, non è continuo, e si attraversano spesso pratoni dove occorre stare attenti ai segnali in quanto il sentiero si perde tra l'erba alta. Si sbuca ben presto su assolato pratone che si risale tra sparuti alberi di faggio,sorbo montano,cespugli di ramno e soprattutto carpino nero,fino a lasciarsi il bosco alle spalle. Sulla sinistra salendo si vede un valloncello abbastanza incassato e boscoso. Dopo salita monotona con i panorami che si aprono sempre di piu alle spalle, si arriva finalmente al rifugio. Quando ci sono arrivato, c'erano nuvole basse dai 2100m. in sotto, per cui sono arrivato con la nebbia, e sono tornato giu con la nebbia attorno al rifugio,tranne aperture dopo il
tramonto.
Dopo il pernotto eventuale, conviene avviarsi la mattina presto all'alba. Salendo a monte del rifugio, su traccia ben segnata, si può arrivare sulla cresta che affaccia sul vallone glaciale di taranta, nel punto sotto cui confluivano durante le glaciazioni le due colate glaciali provenienti dalla calotta della majella.
Il panorama è notevole, la vista abbraccia tutto il vallone di taranta e spazia fino al mare adriatico passando per le colline subappenniniche. A sud le varie cime dei monti frentani, il monte porrara con la sua doppia cima, le guglie dei monti pizi, e lontano all'orizzonte il matese,in Molise.
L'alba tinge di colori caldi ed energici tutte le pareti del vallone e i pascoli del versante. Prima dal rosato,mezzora prima dell'alba, poi al rosso,appena il sole sorge , per passare rapidamente all'arancio carico e al giallo quando si alza sopra la linea dell'adriatico ad est. In caso di buona visibilità si vede tutta la linea di costa fino al Gargano.
Sempre seguendo la linea di cresta si incontra la traccia che scende a destra nel vallone di taranta presso la fontana di taranta, unico punto di rifornimento per acqua potabile, a 30 minuti dal rifugio. L'acqua che c'è al rifugio infatti proviene da cisterne che recuperano quella piovana.
Tralasciando la traccia si prosegue sulla sinistra fino a svalicare presso quota 2016m. dove si entra in una bella valle glaciale immissaria di quella di Taranta, con evidente il cordone morenico della piccola lingua glaciale che ivi scendeva dalla calotta che ammantava la majella nell'ultima glaciazione. Si risale brevemente la valle fin quando il solco vallivo non si addolcisce. A questo punto si lascia il sentiero ufficiale di fondovalle e ci si porta su una dolce cresta spartiacque tra la valle di taranta e quella appena lasciata che chiameremo valle del Macellaro, perchè passa sotto il monte omonimo. Questa valle sarà l'itinerario di discesa.
Da questo momento la pendenza cambia e l'ascesa diviene molto piu piacevole e graduale, perchè si avvicinano i pianori sommitali. Dalle praterie con piante di pino mugo,ginepro e uva ursina, si passa a pianori di fine detrito glaciale,con i tipici sassi a scaglie della majella.La copertura erbacea diminuisce e proseguendo si arriva ad una sorta di belvedere sui pianori sommitali. Il riferimento è sulla destra in quanto si è più in alto dell'evidente altare dello stincone, che divide in due la testata del vallone di taranta.
Davanti, piu in basso, bisogna scendere nel vallone fino ad arrivare presso un enorme ometto di pietra che fa da crocevia.Da qui una traccia piega verso nord,risalendo un costone ghiaioso e immettendo sull'ampio piano amaro, proprio nei pressi del circo glaciale di cima dell'altare, che volendo si può rapidamente raggiungere.
Qui si trovano 3 doline che generalmente ospitavano altrettanti glacionevati perenni, con presenza di permafrost.
Ad ovest in lontananza si scorge monte amaro con il punto rosso del bivacco Pelino, e sulla destra si apre la val cannella con le cime a panettone dell'acquaviva e del monte sant'angelo.
Senza tenersi affacciati sulla val Cannella, si prosegue in direzione NW verso monte Amaro, perdendo leggermente quota e scendendo nella conca di Sella di Grotta Canosa, la cui cresta è visibile sulla sinistra. Qui come in altre zone sommitali della majella sono presenti i classici suoli periglaciali a strisce parallele,la cui morfologia è dovuta all'alternanza dei cicli disgelo-rigelo.
Proseguendo oltre la conca si risale su placche di roccia in piano fino ad affacciarsi di colpo su una doppia dolina tra pareti di roccia, altra sede di apparati una volta perenni, e in quest'annata quasi estinti. Portandosi salendo sul lato sinistro, si incontra un'altra dolina con profondo inghiottitoio, e da qui brevemente si raggiunge la cresta dove passa il sentiero ufficiale e la segnaletica. In 20-30 minuti si è in cima a m. Amaro a quota 2793m.
Anche questo volendo può essere un buon punto di sosta per dormire e riscendere il giorno successivo, ottimo per traversate.
Il panorama da monte Amaro spazia su tutto l'appennino centrale, mentre è carente verso la costa, in quanto la vera cima panoramica della majella è il monte acquaviva!
Dal monte amaro si percorre a ritroso il sentiero dell'andata tenendosi però sul filo di cresta fino ad arrivare alla cima sopra grotta Canosa, quindi si scende a destra su un pianoro in corrispondenza di un'altra dolina che ospitava anch'essa un glacionevato perenne, trovato estinto in questa escursione. Notevoli i panorami sulla valle di femmina morta e la sua cresta di cime senza nome. Il sentiero sul pianoro è evidente e costellato di ometti di pietra.
La cima di monte Macellaro è evidente verso sud, e facilmente raggiungibile seguendo la cresta e tralasciando le indicazioni per campo di giove-guado di coccia, nonchè quella per altare dello stincone.
Il macellaro ha una cima bifida, con una decina di metri di differenza tra la prima, a quota 2646m. e la seconda 2631m.,che si incontra proseguendo sul suo pianoro sommitale. è una cima senza sentieri, ed una delle meno salite della majella, nonostante il panorama spazi su tutti i gruppi montuosi abruzzesi occidentali e meridionali!
Il panorama che si gode da qui verso la majella da proprio l'idea di trovarsi all'interno del massiccio. Era proprio il macellaro il centro principale della calotta che copriva il versante sud-est della majella, e da questa altura tutto attorno non si vedono altro che pianori detritici a debole pendenza,evocativi con la luce radente dell'alba e del tramonto.
Dopo ultima sosta sul macellaro sempre proseguendo verso sud si perde un po quota spostandosi verso est, sulla sinistra,fino a scorgere la sottostante valle del macellaro, a cui bisogna puntare tenendo come riferimento un lungo costone detritico che si ha di fronte. Raggiunta la valle si è di nuovo sul sentiero principale che passa uno stazzo e rapidamente ,attraversando dossi morenici, riporta alle morene glaciali a quota 2016m., sul percorso dell'andata, presso delle piante di pino mugo. Seguendo il sentiero si svalica riaffacciandosi sulla valle che ospita il rifugio,ben visibile, quindi si segue lo stesso sentiero di salita fino alla macchina.
Occorre fare attenzione scendendo dal macellaro portandosi subito a sinistra dopo la seconda cima, perchè proseguendo oltre si va in direzione lettopalena.
L'intera escursione è da evitare in caso di nebbia in quota che può rendere difficile se non del tutto impossibile l'orientamento sui vasti pianori sommitali,senza alcun punto di riferimento anche a terra, dato che la segnaletica è carente se non assente, sia quella con vernice che la cartellonistica, oltre il rifugio macchia di taranta.
Allego oltre alla descrizione un'ampia galleria di foto.
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PERCORSO DA GOOGLE EARTH
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PERCORSO SU CARTA C.A.I. MAJELLA